La Repubblica di Weimar by Detlev J.K. Peukert

La Repubblica di Weimar by Detlev J.K. Peukert

autore:Detlev J.K. Peukert [Peukert, Detlev J.K.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2021-04-16T22:00:00+00:00


Emancipazione, assimilazione e discriminazione degli ebrei

Se l’insicurezza, l’impotenza e la crescente affermazione di correnti antagoniste di destra caratterizzarono la storia dei contesti socioculturali della Repubblica di Weimar che abbiamo poc’anzi descritto, ciò vale in particolare per i gruppi di ebrei in Germania.27 All’inizio la Repubblica aveva completato l’emancipazione degli ebrei. Le barriere formali e informali che durante l’Impero avevano ancora escluso gli ebrei dalle più alte cariche pubbliche e dal mondo accademico, erano ormai cadute.

Ne seguì, nel dopoguerra, una crescente presenza degli ebrei nella vita pubblica, nei partiti di sinistra e liberali, negli ambienti accademici e nei mezzi di comunicazione di massa oltre che in certi settori economici, specialmente nel commercio. La borghesia colta ebrea in Germania, nel secolo xix, si era già assimilata a tal punto da fondersi completamente con la cultura tedesca, alla quale diede importantissimi contributi assorbendone al tempo stesso i valori. Tale processo si accentuò ulteriormente negli anni venti, quando numerosi intellettuali ebrei, noncuranti delle posizioni conservatrici della maggioranza della borghesia ebrea legata ai vecchi valori, si identificarono con la modernità e lo sperimentalismo delle avanguardie. Emergevano qui le linee di fondo di una futura cultura, internazionale e secolarizzata, che travolgeva le barriere del tradizionalismo e del nazionalismo di cui si era nutrita la discriminazione antiebraica.

Tuttavia questa maggiore libertà di azione e incidenza culturale degli ebrei tedeschi nella Repubblica di Weimar non possono far dimenticare parallelamente i problemi interni dell’ebraismo e i segnali inquietanti di una crescente discriminazione antisemita. La comunità ebraica temeva per la propria identità e sopravvivenza, minacciate dalla continua diminuzione della propria consistenza numerica e della propria quota proporzionale sulla popolazione del Reich. Responsabili di questo fenomeno erano l’abbassamento del tasso di natalità ma anche un processo tendenziale di secolarizzazione che si traduceva non tanto in un’aperta conversione di ebrei alla religione dominante quanto in una silenziosa rinuncia alla fede e ai relativi rituali, nei matrimoni misti e nella educazione cristiana oppure non confessionale dei figli. Contro questa perdita d’identità si battevano, da posizioni distinte, l’ortodossia e il sionismo.

Una sfida ulteriore all’identità tradizionale dell’ebraismo tedesco era rappresentata dall’immigrazione degli ebrei dall’Europa orientale, i quali si distinguevano sia dal punto di vista culturale sia da quello liturgico dalle tradizioni ebraico-tedesche, alimentando così tutta una serie di conflitti all’interno delle comunità. Oltretutto l’odio degli antisemiti si concentrava proprio sugli ebrei orientali, sul loro accento straniero e sui loro comportamenti poco ortodossi. E poiché nella Repubblica afflitta da ripetute crisi economiche l’immigrazione di manodopera straniera era generalmente indesiderata, fu rispolverata la vecchia prassi dell’Impero di licenziare sistematicamente gli ebrei orientali, fino a giungere a quel vero e proprio salto di qualità del 1923, quando il governo bavarese ne decretò l’espulsione in massa.

In quello stesso anno Berlino assisté a uno spettacolare pogrom nel quartiere delle baracche abitato prevalentemente da ebrei poveri emigrati dall’Europa orientale. Ecco la cronaca dei fatti apparsa sulla «Vossische Zeitung» del 6 novembre 1923:

In tutte le stradine laterali si riversa una folla urlante. Il saccheggio avviene al buio. Un negozio di scarpe all’angolo della Dragonerstraße viene svuotato; la strada è cosparsa di frammenti delle vetrine infrante.



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